Crioablazione contro terapia antiaritmica nella fibrillazione atriale: una sfida ancora aperta?
di Filippo Brandimarte intervista Riccardo Cappato
02 Marzo 2024

Brandimarte: Buongiorno Dott. Cappato e benvenuto a questa 41a edizione di Conoscere e Curare il Cuore. Non poteva mancare uno spazio dedicato alla fibrillazione atriale visto il suo impatto clinico sia in termini di incidenza (in assoluto l’aritmia più frequente in pronto soccorso) che di possibili complicanze (ictus e instabilizzazione di scompenso cardiaco per citare solo i più importanti). Quali trattamenti raccomandano attualmente le linee guida internazionali per la fibrillazione atriale?

Cappato: Le attuali linee guida delle principali Società Scientifiche raccomandano la terapia farmacologica come prima scelta per il controllo del ritmo nei pazienti con fibrillazione atriale. Quelle europee, pubblicate nel 2020, danno indicazione di classe I livello di evidenza A all’ablazione transcatetere delle vene polmonari nei pazienti sintomatici, affetti da fibrillazione parossistica o persistente senza fattori di rischio per recidive, in cui almeno un antiaritmico abbia fallito nell’ottenere il controllo del ritmo allo scopo di ridurrei i sintomi. Oltre che sul fallimento della terapia medica, viene messo l’accento sul concetto di sintomaticità della fibrillazione atriale e del miglioramento della qualità di vita. Nei pazienti naïve da farmaci per il controllo del ritmo, l’indicazione ad ablazione è più debole ed è considerata in classe IIa livello di evidenza B nei pazienti sintomatici affetti da fibrillazione atriale parossistica e in classe IIb livello di evidenza C in pazienti affetti da fibrillazione atriale persistente senza fattori di rischio per recidive. Le linee guida americane, pubblicate nel 2014, con un update riguardante l’ablazione nei pazienti con fibrillazione atriale e scompenso cardiaco nel 2019, non differiscono significativamente da quelle europee per quanto riguarda l’indicazione ad ablazione come prima scelta per il controllo del ritmo ma non stratificano i pazienti con fibrillazione atriale persistente in base al rischio di recidiva. Nelle linee guida canadesi, pubblicate nel 2020, l’indicazione ad ablazione come primo approccio è considerata debole con una qualità di evidenza moderata. L’attenzione viene posta non solo sulle preferenze del paziente ma anche sul fatto che alcuni pazienti hanno controindicazioni relative o assolute alla terapia antiaritmica. Inoltre, non viene fatta alcuna distinzione tra fibrillazione atriale parossistica o persistente. Un capitolo a parte è rappresentato dai pazienti con scompenso cardiaco, per i quali, tutte e tre le linee guida, dopo la pubblicazione dello studio CABANA hanno riconoscono il ruolo dell’ablazione rispetto alla terapia antiaritmica per quanto riguarda la mortalità seppur con un livello di evidenza ancora basso.

Brandimarte: Qual’è la reale efficacia delle terapie antiaritmiche farmacologiche oggi più frequentemente utilizzate e quali gli effetti collaterali che potrebbero limitarne l’utilizzo?

Cappato: Sebbene i farmaci antiaritmici siano consolidati come terapia di prima linea la loro efficacia è globalmente modesta. Inoltre, sono caratterizzati da un intrinseco effetto proaritmico (rischio di aritmie maligne aumentato di 3-4 volte) e da svariati effetti collaterali sistemici. Flecainide e propafenone sono antiaritmici di classe Ic (bloccanti del canale del sodio) e rappresentano i farmaci più utilizzanti nella popolazione più giovane e con meno comorbidità.  Sono controindicati in pazienti con blocco atrio-ventricolare avanzato, QRS>120 ms, disfunzione ventricolare sinistra, grave compromissione epatica o renale.  È stato osservato, inoltre, un incremento della mortalità nei pazienti ischemici in terapia con flecainide per elevato rischio di aritmie ventricolari. Il sotalolo è un antiaritmico di classe III a cui si associano proprietà betabloccanti. A basse dosi, prevale l’effetto betabloccante mentre ad alte dosi prevale l’effetto antiaritmico. Il rischio principale è il prolungamento dell’intervallo QT e la comparsa di torsioni di punta con una frequenza del 2%. Può essere utilizzato nei pazienti ischemici ma è controindicato in pazienti con scompenso cardiaco e disfunzione renale. L’amiodarone è un bloccante multicanale e un bloccante beta non selettivo. Rappresenta il più efficace degli antiaritmici e può essere utilizzato sia nei pazienti ischemici che nei pazienti con scompenso cardiaco. Ciononostante, per i suoi effetti collaterali (tossicità polmonare, tiroidea e allungamento del QT) è indicato come seconda scelta rispetto ad altri antiaritmici se non altrimenti possibile.Inizio modulo Il dronedarone, analogo all’amiodarone, nato con l’obiettivo di ridurne la tossicità tiroidea, può essere utilizzato nei pazienti ischemici e nei pazienti con scompenso a frazione d’eiezione preservata ma è controindicato nei pazienti con disfunzione renale ed epatica e nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra.

Brandimarte:Indubbiamente la terapia farmacologica presenta limiti sia di efficacia che in termini di effetti collaterali. Quali invece i “pro” e i “contro” della terapia crioablativa e come viene praticamente effettuata?Inizio modulo

Cappato: La crioablazione prevede l’inserimento all’interno dell’atrio di un pallone che verrà in successione posizionato all’ostio delle vene polmonari, gonfiato fino ad ottenerne la completa occlusione e raffreddato con ossido nitrico, con una temperatura target intorno ai -60 °C. Elettrodi posizionati su puntale circolare consentono di registrare i potenziali all’interno delle vene e di monitorarne la disconnessione. Rispetto all’ablazione mediante radiofrequenza, la crioablazione ha dimostrato di avere di tempi procedurali più brevi a fronte di tempi di scopia più lunghi. Dopo la pubblicazione di diversi studi tra cui il FIRE and ICE e il FreezeAF è stata riconosciuta una efficacia sovrapponibile delle due diverse fonti di energia in termini di riduzione delle recidive di aritmie atriali a un anno. Nel tempo sono stati sviluppati diversi palloni progettati per aumentare l’efficacia dell’ablazione via via estendendo la superfice refrigerante e modificando la punta del catetere per facilitare il posizionamento del pallone a livello ostiale delle vene e ottenere maggiore stabilità. Le tecniche “one shot” appaiono particolarmente indicate per l’isolamento delle vene polmonari nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica. Nei pazienti con fibrillazione atriale persistente sono stati effettuati alcuni studi in cui il pallone è stato utilizzato per la parete posteriore e per l’isolamento dell’auricola ma l’efficacia e la sicurezza di queste lesioni aggiuntive è tuttora dibattuta. L’incidenza globale delle complicanze tra ablazione con radiofrequenza e crioablazione è simile con un aumentato rischio di paralisi del nervo frenico (circa 10%, solitamente temporanea), una riduzione del rischio di versamento pericardico e tamponamento cardiaco nei pazienti sottoposti a crioablazione. Mantenendo intatta la struttura extracellulare il rischio di stenosi delle vene polmonari è ridotto nella crioablazione rispetto alla radiofrequenza, mentre le complicanze relative agli accessi vascolari sono sovrapponibili (1.5%).

Brandimarte: Quali sono le ultime evidenze scientifiche a supporto della diffusione della crioablazione?

Cappato: Successivamente alla pubblicazione delle maggiori linee guida, sono stati pubblicati diversi studi che forniscono nuove evidenze a supporto della ablazione rispetto alla terapia farmacologica, tra tutti lo studio ATTEST che ha dimostrato che un intervento ablativo precoce non solo è più efficace ma è anche in grado di impattare sulla progressione e cronicizzazione della malattia. Da qui nasce il disegno di diversi lavori con l’obiettivo di valutare il beneficio della crioablazione come prima linea rispetto alla terapia antiaritmica. Tra questi vanno menzionati l’EARLY-AF, lo STOP AF First e il Cryo-FIRST. Complessivamente, sono stati osservati 724 pazienti, con un’età media di 57 anni, prevalentemente di sesso maschile e con bassi livelli di comorbidità. Gli antiaritmici di classe Ic sono stati i farmaci più utilizzati, impiegati nell’80% dei casi. Analizzando i risultati di questi studi è stato evidenziato un rapporto rischio-beneficio favorevole per la crioablazione rispetto alla terapia farmacologica in termini di sintomi, recidive, ricoveri ospedalieri e complicanze. Tutti e tre gli studi hanno dimostrato una riduzione delle recidive nei pazienti sottoposti a crioablazione con una riduzione del rischio del 19%. Questi pazienti non solo hanno sperimentato meno palpitazioni, ma hanno anche registrato un miglioramento clinicamente significativo della qualità di vita. Le ospedalizzazioni sono significativamente inferiori nei pazienti sottoposti ad ablazione, così come gli accessi presso strutture sanitarie, nonostante una tendenza verso più accessi in Pronto Soccorso nel gruppo sottoposto ad ablazione nei primi mesi post-procedurali.

Brandimarte: Quindi quale ruolo ha attualmente la crioablazione nel trattamento della fibrillazione atriale?

Cappato: Nonostante le linee guida prevedano ancora l’uso degli antiaritmici come prima linea per il trattamento della fibrillazione atriale sintomatica, nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica e poche comorbidità la crioablazione si è rivelata superiore alla terapia antiaritmica, riducendo significativamente le recidive di aritmie atriali. Inoltre, si è dimostrata associata a una riduzione dei sintomi, ad un’aumentata qualità di vita e ad una riduzione delle ospedalizzazioni. Il profilo di rischio della procedura ablativa per quanto riguarda le complicanze maggiori si è dimostrato simile a quello della terapia medica. Ulteriori studi prospettici randomizzati sono necessari per valutare gli effetti della crioablazione rispetto alla terapia medica nei pazienti con fibrillazione atriale persistente, maggiori fattori di rischio per recidive e maggiori comorbidità.

Brandimarte: Grazie Dott. Cappato per questo aggiornamento critico sulle nuove evidenze di trattamento della fibrillazione atriale che potrebbero a breve cambiare il paradigma terapeutico di questa frequente aritmia.